Contro ogni fascismo. Verso una nuova resistenza libertari

sintesi dell’intervento “La resistenza libertaria” alle Cucine del Popolo di Massenzatico il 25 Aprile 2025 e del comizio pronunciato in piazza De André a Carrara il Primo Maggio 2025

Si festeggia quest’anno l’ottantesimo anniversario della cosiddetta “liberazione”, che come sappiamo non fu liberazione che in parte, visto che la società attuale non è certo quella per cui le nostre compagne e compagni combatterono il nazifascismo. Non lo fecero per vedere di nuovo celebrazioni patriottiche e tricolori e non pensavano che 80 anni dopo ci sarebbe stato ancora il problema del fascismo. Soprattutto, non volevano una società ancora basata sullo sfruttamento, in cui ancora oggi a Carrara si deve piangere l’ennesima vittima delle morti sul lavoro in cava, Paolo Lambruschi, alla cui famiglia vanno ancora una volta le nostre condoglianze e la nostra vicinanza. È necessario ribadire che le morti sul lavoro non sono incidenti, ma crimini del capitale, e non è per una società in cui fossero ancora negate la dignità del lavoro e del salario che decenni fa si è resistito.

Serve però chiarire meglio cos’è stata la resistenza libertaria. Intanto, questa resistenza non si è limitata al periodo 1943-45, ma è iniziata nei primi anni Venti, dal momento stesso in cui le prime squadracce hanno cominciato ad attaccare le sedi sindacali e operaie. Si è trattato in particolare dell’esperienza degli Arditi del Popolo, che hanno fatto la resistenza nelle strade prima ancora che Mussolini prendesse il potere, nonostante fossero sconfessati dai partiti della sinistra ufficiale che scelsero poi la via rinunciataria dell’Aventino. Non solo anarchic*, ma anche militanti dissidenti di queste forze decisero di difendersi con l’azione diretta. Lo storico Marco Rossi ha contato 63 località che videro la presenza di formazioni degli Arditi del Popolo, di fronte a cui i fascisti indietreggiavano, da Civitavecchia a Bari, da Roma a Sestri Ponente passando per due episodi celebri in cui le camicie nere vennero respinte con un forte contributo di parte libertaria: i fatti di Sarzana del 1921 e le barricate di Parma del 1922.

Ritornare a quel periodo non è un semplice esercizio retorico per gloriarci della nostra storia, perché la brutalità e le migliaia di morti del primo squadrismo smentiscono tutte le letture che pretendono che il fascismo sarebbe stato “cattivo” solo a partire da un certo momento (leggi razziali, guerra o altro) avvallando il suo sdoganamento, promosso da diversi anni anche da settori della sinistra. Questa storia dimostra che non esiste un fascismo buono: il fascismo è sempre stato criminale perché lo è per sua natura e non può essere altro che criminale.

Fu da parte anarchica che arrivarono le prime lucide analisi del fascismo come il libro La Controrivoluzione Preventiva di Luigi Fabbri, che aveva visto come il fascismo fosse il risultato dell’imbarbarimento della società provocato dalla Grande Guerra, come le nostre compagne e compagni già avevano intuito opponendosi all’interventismo. Soprattutto, il fascismo era la risposta del capitale ai movimenti rivoluzionari del Biennio Rosso 1919-20, che vide il protagonismo del movimento libertario organizzato nell’Unione Anarchica Italiana e nell’Unione Sindacale Italiana.

Dopo l’ascesa al potere del fascismo, molti tentarono di ravvivare la tradizione plurisecolare del “tirannicidio”, tra i quali ricordiamo qui Gino Lucetti che poi morì nel 1943 senza poter raggiungere i suoi compagni in montagna. Ma fu soprattutto nell’esilio che operarono le nostre compagne e compagni fuoriuscit* a partire dal 1922 in Francia, Svizzera, Belgio, Stati Uniti, Argentina, Uruguay e ovunque si trovasse un rifugio, dimostrando che l’antifascismo non ha niente a che vedere con nazionalismo e patriottismo anche perché pochi fenomeni furono più internazionali, transnazionali e multilingui dell’antifascismo stesso. Questo ci dà un altro elemento importante per l’attualità: ieri come oggi, non c’è nessuna giustificazione per chi si accomoda al regime voltandosi dall’altra parte perché “non si può fare altrimenti”. Si può sempre fare altrimenti, e questa storia dissidente lo dimostra.

Fu dall’esilio che le nostre compagne e compagni cominciarono a progettare il ritorno in Italia per abbattere il fascismo a partire dal convegno di Sartrouville del 1935. Poi venne la Spagna del 1936-39, che è stata un altro grande esempio di solidarietà internazionale antifascista, ma anche un esempio di come la libertà dovesse difendersi pure dall’altro totalitarismo, quello stalinista, responsabile dell’assassinio di tant* anarchic*, a partire da quel Camillo Berneri che disse chiaramente che nella Rivoluzione Spagnola l’antifascismo era inseparabile dalla rivoluzione sociale. L’antifascismo non può essere fine a sé stesso, perché il fascismo non è un’eccezione o un’anomalia nelle società dell’Europa moderna: fa parte dei meccanismi di riproduzione dello stato e del capitale, e non lo si combatte appiattendosi su concetti liberali, ma adoperandosi per la trasformazione libertaria ed egualitaria della società.

E poi c’è stata la Resistenza del 1943-45: di ritorno dall’esilio e dal confino, la componente anarchica fu tra le più importanti numericamente e giocò ruoli importanti nella liberazione di città principali come Milano e Genova, e ovviamente anche qui a Carrara con la “Lucetti”, la “Schirru” e le varie formazioni libertarie.  Il caso di Carrara è particolarmente importante perché qui il movimento anarchico partecipò alla ripresa della vita civile con iniziative come la Cooperativa del Partigiano e con un lavoro materiale di cui rimangono esempi come il ponte sul Carrione ricostruito dalla FAI nel 1945, ancora ricordato da una lapide, a dimostrare che è con il lavoro costruttivo del movimento operaio che si sconfigge il fascismo.

Poi il fascismo è tornato, sotto varie forme, prime fra tutte la violenza e l’intimidazione contro persone migranti, militanti e persone con comportamenti difformi. Ma è importante sottolineare che il fascismo non si identifica solo con la destra politica o con i regimi autocratici. Ci sono tanti comportamenti quotidiani che preparano il fascismo, dalla xenofobia all’omofobia alla pretesa di dominazione su altr* che porta al patriarcato e ai crimini del patriarcato. Insomma c’è un grande lavoro sociale e culturale da fare per togliere la terra sotto i piedi al fascismo. A partire dalla difesa della libertà. Per il 25 aprile ci era stata raccomandata “sobrietà”: fermo restando che non sono le signore e i signori che siedono in questo governo a dirci quello che dobbiamo fare, queste libertà si difendono prendendole, e abbiamo festeggiato il 25 aprile dappertutto, dai cappelletti antifascisti a Reggio alle varie piazze che hanno visto la nostra presenza.

Parlando di questo governo, è stato divertente constatare come qualche settimana fa, accorgendosi dell’esistenza di un documento chiamato “Manifesto di Ventotene”, si siano anche accorti che pure nei fondamenti giuridici della società borghese ci sono reminiscenze di quelle lotte. Se a Ventotene c’erano tante libertarie e libertari, in contatto peraltro con Ernesto Rossi, quel documento, pur non essendo di ispirazione anarchica come UN ha recentemente discusso,[1] ci dà l’occasione per notare che con certi suoi principi, come l’idea che per evitare le guerre gli Stati debbano mettere in discussione la loro sovranità territoriale, l’Unione Europea ha sempre avuto ben poco a che fare. Non è certo coerente con quei principi l’attuale politica guerrafondaia dell’UE, che vuole riarmarsi a scapito della spesa sociale inventandosi pericoli di attacco imminente con toni che richiamano quelli della Guerra Fredda, che è purtroppo drammaticamente calda nelle diverse decine di conflitti che si combattono attualmente nel mondo, di cui molti dimenticati perché più i morti sono lontani dall’Europa e dal Nord Globale meno impressionano le loro opinioni pubbliche benpensanti.

Se Albert Camus diceva che non c’è nessuna buona causa che giustifichi la morte di un solo civile innocente, la nostra strategia è ugualmente chiara: stare sempre dalla parte di chi rifiuta di combattere, di chi obietta, di chi diserta, qualunque sia la divisa e la bandiera per cui non ha voluto morire; stare dalla parte di chi si oppone al commercio delle armi e alle produzioni di morte, per lo sciopero generale contro la guerra e per una presa di coscienza generale che permetta di finirla con tutte le guerre, dai massacri in Ucraina all’orribile genocidio che è in corso a Gaza.

Nessuno dovrebbe mai morire per piantare una bandierina su un confine, ma sono proprio questi confini che ci ricordano come il fascismo sia anche razzismo e paura dell’Altro, il rinchiudersi dietro linee immaginarie che decidono chi gode dei diritti umani e chi no, a seconda del pezzo di carta che si porta in tasca. C’è in primo luogo una resistenza anticoloniale da sostenere, quella che attuano le nostre compagne e compagni in Brasile e America Latina a fianco delle popolazioni indigene e afrodiscendenti, o in Sudan per sopravvivere a massacri meno mediatizzati ma non meno brutali di altri. C’è una resistenza anche umana da fare contro la vergogna dei respingimenti, delle stragi nel mare, delle deportazioni in Albania. Ricordiamoci che senza frontiere nessun* è clandestin*, senza stupidi confini nessun* è stranier*.

Ricordiamo poi la guerra interna contro le classi dominate, che vede l’ennesima vergogna di quel decreto “sicurezza” su cui anche i giuspubblicisti hanno lanciato l’allarme per i suoi aspetti illiberali, volti a limitare la libertà di espressione del dissenso, anche non-violento. Anche qui, la nostra idea è chiara: di fronte a chi vuole impedirti di esercitare il diritto al dissenso l’unica risposta è praticare questo diritto. Il fascismo si combatte per prima cosa nella testa e nel cuore di ognun*, diffondendo pratiche di solidarietà e altri modi di pensare e agire. Per l’uguaglianza e per la libertà.

Buon Primo Maggio.

Federico Ferretti – FAI Reggiana

[1] A. La Via, Manifesti strappati, la polemica su Ventotene, Umanità Nova n. 9, 30 marzo 2025.

Nell’immagine: illustrazione di Clifford Harper, particolare

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